Simbologia e messaggio degli alberi
Mi chiamo Peter Boom e boom, nella mia lingua, l’olandese, significa albero.
Sono un alberello di media statura, molto più basso della maggior parte degli alberi.
La quercia arriva a 40 metri di altezza, ma viene superata dal frassino e dal faggio. Nelle nostre zone climatiche l’abete può raggiungere i sessanta metri, giusto per far notare quanto sono piccolo io.
Un grandissimo problema oggi è la sistematica distruzione dei boschi che sono parte integrante e di primaria importanza per il nostro ecosistema.
Per questo motivo ho scritto un libro intitolato “2020, il nuovo Messìa”,
pubblicato nel 1994 che parla proprio della mentalità speculativa che sta
distruggendo la Natura, la flora, la fauna, i nostri alberi e … di
conseguenza anche noi.
Alberi chiamati sacri perché una volta queste piante venivano considerate
manifestazione delle divinità, a loro si pregava per chiedere protezione e
aiuto e hanno ispirato miti bellissimi e fantastici.
In quasi tutte le tradizioni troviamo l’albero cosmico, asse dell’universo con le sue radici affondate negli abissi sotterranei e con i suoi rami che
s’innalzavano fino al cielo. Essendo l’albero verticale esso congiunge
l’universo uraniano con i baratri ctoni, i dei dei cieli con quelli degli
abissi. Un’immagine che troviamo anche nella croce, simbolo delle chiese cristiane adottato dalla religione cristiana soltanto verso la fine del quarto secolo, ancora senza il Cristo crocifisso sopra. Queste immagini le ho riprese dal libro “La favola di Cristo” di Luigi Cascioli, ricercatore storico di fama internazionale.
Il nostro corpo è fatto in forma di croce; simbolicamente la croce significa
la completezza, la barra orizzontale è la madre terra, quella verticale il dio
sole, la forza fecondante di ogni vita. Simboli della completezza sono anche il lingam e lo yoni della tradizione shivaita ed il Ying e Yang cinese.
L’albero è ermafrodita nella maggior parte dei casi e anche l’albero cosmico è ermafrodita. E’ una pansessualità cosmica che riporta alle origini dell’uomo, alla sua completezza. Un albero dà appieno questa idea, anche perché abbattuto può rinascere dalla talea o può rigenerarsi da solo grazie ai germogli che crescono ai suoi piedi, un po’ come dalla costola di Adamo nasce Eva. I fiori, in molti alberi, sono maschi e femmine allo stesso tempo, in altri invece fioriscono sullo stesso albero il pistillo femmina e lo stame maschio.
Dai primordi certi alberi grandi venivano ritenuti sacri come per esempio le querce, i frassini, i baobab, etcetera, e dall’osservazione della natura che
muore e poi risorge sono nati molti credi e religioni.
libri. Gli alberi e le rocce t’insegneranno le cose che nessun maestro ti
dirà.”
Infatti, gli dei venivano immaginati prendendo spunto dai fenomeni osservati nella natura: i vulcani, il fuoco, i fulmini, il tuono, il mare, il cielo, la terra della dea madre, gli animali, il vento e naturalmente anche gli alberi.
Nella mitologìa nordica, descritta nell’Edda intorno al 1225, vengono
raccontati molti miti di origine antichissima tra i quali quello del gigantesco frassino Yggdrasill, asse del mondo con i suoi rami che giungono fino ai cieli e con tre larghissime radici che affondano nei regni sotterranei; da una di queste radici che porta al regno dei morti sorge una fonte, necessaria a nutrire l’albero e ad irrigare con la sua acqua tutta la terra. Dall’acqua scaturisce la vita e traendo origine proprio dal regno dei morti allude chiaramente al riciclaggio della vita. Vita, morte e nuova vita, come una risurrezione insegnataci dall’andamento delle stagioni.
Ancora oggi festeggiamo questo naturale fenomeno con l’albero di natale, e la rinascita ogni anno del bambin Gesù non è altro che la rinascita del sole, il solstizio, la premessa per far ricrescere la vita.
nell’antico Egitto con Osiride fatto a pezzi che poi resuscita o come nei riti
sciamanici che rappresentono lo svolgersi tra morte e rinascita sia dell’uomo come anche della vegetazione.
Yggdrasill significa corsiero di Ygg, uno dei nomi del dio Odino o Wotan. Ygg stranamente non significa frassino, ma bensì quercia, in tedesco Eich, in olandese eik e in inglese oak. Probabilmente uno scambio che sarebbe
interessante verificare meglio.
Come il da noi meglio conosciuto albero del paradiso, anche presso Yggdrasill abita un enorme serpente chiamato “Nioggrh”. Anche sotto quest’albero della vita nasce l’acqua fecondante e della conoscenza dove il dio Ygg, Odino o Wotan, il padre di tutti gli dei nordici ha dovuto essere iniziato tre volte per diventare maestro di saggezza e di conoscenza occulta.
testa ingiù per nove notti tra i rami del frassino Yggdrasill, fa pensare a
certe iniziazioni sciamaniche e anche a Gesù inchiodato alla croce col cuore trafitto dalla lancia di un centurione. Infatti, non c’è niente di nuovo nel nostro immaginario religioso, tutto proviene dall’umano inconscio collettivo, dal nostro immaginario archetipico pensato e ben descritto da Carl Gustav Jung, uno dei padri della psicoanalisi moderna.
Odino invece ferisce sé stesso, non beve, non mangia e si sottopone ad una
morte rituale, iniziatica. Ed è così che ottiene la conoscenza. Odino vede,
anche se è cieco, come lo era Omero, come l’indovino Tiresia accecato dalla dea Atena, come l’Edipo incestuoso che si cavò gli occhi per espiare il suo tremendo anche se non volontario peccato. Tutti costoro vedono con gli occhi dello spirito, cosa che fa pensare al terzo occhio indiano, l’occhio divino della vera e più profonda conoscenza.
Odino resuscita come lo sciamano fatto a pezzi, come Gesù, come il dio egizio Osiride.
La pietra eterna, ricordiamo anche la Ka’aba alla Mecca, è simbolo di vita
statica, l’albero invece è simbolo di vita dinamica che si rinnova sempre in
una continua rigenerazione, muore e risorge.
Il frassino era consacrato anche a Posìdone, come la quercia a suo fratello
Zeus. Nell’Egitto dei faraoni invece gli dei abitavano il sicomoro sacro.
In Mesopotamia l’albero sacro della vita era il Kiskanu.
In India abbiamo la “ficus religiosa” conosciuta soprattutto perché ai piedi
di quest’albero il Buddha raggiunse l’illuminazione. In Cina viene venerato il Qian Mu, legno eretto, albero dell’inizio di tutto. Importante è anche il gelso considerato sacro e ermafrodito, simbolo antecedente alla divisione tra Ying e Yang, della femmina e del maschio, dello scuro e del chiaro, della terra e del cielo.
Non possiamo dimenticare l’albero cosmico degli Inca nell’America del Sud, che scaturisce dal corpo di una dea con accanto Quetzalcoatl, il serpente piumato, dio della morte e della rinascita; come serpente è ctonio, sotterraneo, ma dal suo sacrificio sul rogo fa rinascere il sole.
Con tutte queste deità, spiriti, spiritelli dimoranti negli alberi di tutto il
mondo, salvo naturalmente sopra i poli, si può affermare con Mircea Eliade che “mai l’albero è stato adorato unicamente per sé stesso ma sempre per quel che si rivelava per suo mezzo”.
L’albero col quale l’uomo in passato viveva in grande simbiosi deve avergli
dato l’impressione di vedere in lui l’origine dell’universo.
Gli uomini della pietra forse si dovrebbero chiamare gli uomini degli alberi o del legno, di più facile lavorazione dei sassi durissimi, ma di non lunga conservazione. I legni lavorati, così antichi, sono scomparsi nel tempo.
In provincia di Viterbo nei pressi di Latera troviamo il laghetto di Mezzano
dove sono stati rinvenuti strutture lignee di palafitte dell’età del bronzo di
circa 4000 anni fa. Un altro luogo interessantissimo e direi addirittura
impressionante si trova nei pressi di Avigliano Umbro ed è la foresta fossile di Dunarobba, dove si possono vedere tronchi d’albero in legno conservati miracolosamente per circa tre milioni d’anni. Qui si tratta di legno non fossilizzato in pietra rimasto protetto sotto uno strato di una trentina di metri di argilla. Alberi, di una specie di conifere che oggi non esistono più ma simili alla sequoia, che crescevano sulla sponda di un lago vastissimo in un clima caldo e umido, dove vivevano mammuth e diverse altre razze di animali preistorici.
Col legno gli uomini costruivano capanne, dimore per adorare gli dei,
palizzate per la loro difesa; l’albero era anche il “Padre del fuoco” e
attraverso l’esempio dei fulmini, l’autocombustione e i vulcani impararono ad accendere essi stessi il fuoco col quale potevano cucinare, riscaldarsi, vedere nel buio della notte e difendersi dagli animali feroci. Si otteneva dalle api che si annidano negli alberi, la cera, il miele, l’idromele, il miele fermentato, il nettare degli dei creduto utile per ottenere l’immortalità. Inoltre gli alberi regalavano agli umani diversi frutti, quelli freschi da mangiare a maturazione o da seccare e quelli indeiscenti nella loro buccia dura come le noci e le nocchie che essendo a lunga conservazione venivano consumate soprattutto durante l’inverno e che macinati producevano una farina e così anche il primo pane. Da certi alberi escono resine con le quali produrre catrame, pece, profumi, aromi e incenso. La prima arma dell’uomo, oltre ai sassi che si potevano scagliare, sarà senz’altro stato il bastone, in seguito la lancia e poi l’arco con la freccia.
Esiste nell’immaginario umano un albero che vuole forse dimostrare il
contrario di tutto, l’interscambiabilità tra positivo e negativo, la morte che
crea l’humus per la vita, una connessione tra il basso e l’alto, una energia di eterno ricambio, un albero sciamanico presente in diverse culture, quelle dei Lapponi, degli aborigeni australiani, che si ritrova nell’esoterismo ebraico come anche nella tradizione islamica, descritto da Platone e da Dante, ed è l’albero rovesciato, in India chiamato Asvatta e precedente almeno di 2000 anni a Buddha. Le sue radici si affondano nel cielo e con le fronde copre la terra. Un’energia spirituale, primordiale discende dalle radici verso i rami che si estendono verso la terra per illuminare l’uomo.
Un altro albero della vita con i suoi sette bracci che corrispondono ai sette
pianeti è quello mesopotamico che si ritrova riprodotto nel candelabro a sette bracci ebraico, la menorah, modello consegnato da Dio a Mosé.
Anticamente gli alberi sacri servivano anche da oracolo come la quercia di
Dodona sul luogo dove una volta si ergeva il santuario dedicato a Zeus ai piedi del monte Tamaro. Nel quinto secolo questo tempio diventò chiesa cristiana e sede vescovile. Una religione sopra un’altra e dove una volta sacerdotesse dicevano le profezie interpretando il fruscio del fogliame ora regnano i preti. La vera divinità dell’albero era sempre rappresentativa della Grande Dea Madre, la Terra, creatrice di tutta la vita.
Le querce venivano chiamate dagli Elleni antichi “prime madri”. Siccome le querce in quanto onorate come sacre non venivano abbattute potevano anche superare i duemila anni e infatti nelle torbiere si sono ritrovati
tronchi giganteschi e nel 1690 circa un celebre botanico riferisce di una
quercia con un tronco del diametro di dieci metri e si parla anche di una
quercia che poteva dar riparo a trecento uomini e i loro cavalli.
Gli alberi più grandi e più vecchi si sono trovati nelle Montagne Rocciose,
come la sequoia gigante che supera i centotrenta metri di altezza e i trentasei metri di circonferenza e che può vivere fino a quattromila anni, nella stessa regione si trovano dei pini di alta montagna che addirittura possono arrivare a cinquemila anni. In Giappone fu scoperto un Ginkgo Biloba, che sopravvisse inalterato per centocinquanta milioni di anni. Questo mitico albero fu trovato in un bosco sacro vicino ad un tempio.
Non posso fare a meno di nominare il famoso libro “Il ramo d’oro” di Frazer. Il ramo d’oro è simbolo della luce iniziatica, riesce a trionfare sulle ombre infernali del regno di Plutone e di far resuscitare. L’albero del quale fu colto questo ramo da Enea era un leccio, una quercia verde considerato un albero infernale, ma anche albero della resurrezione.
Il dio della rinascita, cioè quello che fa ribollire la linfa alla vita
dormiente con i suoi culti orgiastici, figlio di Zeus e protettore degli
alberi, era il dio della vite Dioniso, colui che muore e rinasce, un vero dio
della natura chiamato “colui che vive ed opera negli alberi” o anche “colui che è nell’albero”.
Un dio dal carattere androgino, adolescente, effeminato, secondo quanto hanno scritto Eschilo ed Euripide.
Il pino è l’albero di Dioniso, ma le sue piante predilette sono l’edera e la
vite, che servono per raggiungere il delirio dionisiaco e l’orgia menadica. Le celebrazioni dei cosiddetti misteri dionisiaci venivano condotte da sacerdoti eunuchi oltre che nei paesi del vicino oriente anche nella Roma antica all’inizio della primavera. I celebranti si autoflagellarono, alcuni neofiti addirittura si castrarono allo scopo di rianimare il dio morto e con lui tutta la natura che in quel periodo inizia a germogliare. Il giorno dell’equinozio, dopo due giorni di lamenti funebri, ebbe inizio l’Hilaria, la sfrenata, licenziosa festa della resurrezione divina, i cosiddetti baccanali. Oggi da noi esiste ancora la tradizione del Carnevale, pallida imitazione delle feste di allora.
Un altro mito riguarda invece l’albero della mirra, che era anche il nome
della figlia di un re dell’Assiria. Questa signorina innamoratasi pazzamente del padre riuscì con l’inganno a giacere con lui per dodici notti di seguito. Quando il re si accorse del rapporto incestuoso con la figlia la volle uccidere con un pugnale, ma Mirra pregò gli dei di renderla invisibile ed essi per pietà la trasformarono in un albero, l’albero della mirra. Nove mesi dopo nacque da quel albero il più bello di tutti “Adone”, nato da quel atto proibito, l’incesto tra il re e sua figlia.
Probabilmente il primo albero piantato e coltivato dagli uomini, cioè dai
Sumeri circa seimila anni fa è la Phoenix dactilifera, la palma da datteri,
conosciuta anche per essere servita da riparo alla nascita di Apollo, dio
guerriero e figlio di Latona e di Zeus, che aveva fatto una volta di più le
corna a sua moglie Era.
ebbe, così padre così figlio, numerosi amori con ninfe e giovani uomini poi
tramutatisi in fiori o alberi, tra i quali Giacinto e Ciparisso (cipresso) e la
ninfa Dafne che per sfuggire alle sue brame si tramutò in un albero di lauro, chiara allusione alla sua stretta unione con la vegetazione, con la natura.
Gli alberi hanno un’anima. E’ stato dimostrato che una qualunque cellula è
autonoma e possiede un sistema che ne regola l’equilibrio e la difesa, in
potenza un principio di vita psichica. Esperimenti hanno dimostrato che le
piante reagiscono a certi input e che possono sentire benessere, paura, dolore e inoltre che sono capaci di memorizzare.
Allora quell’albero veniva adorato e protetto, ai suoi piedi veniva eretto un
altare, come ancora oggi vien fatto in India.
L’albero, in questo modo, poteva arrivare ad un’età avanzatissima lasciando crescere intorno ad esso un bosco sacro come per esempio ad Uppsala in Svezia e anche più vicino a noi a Nemi a sud di Roma o come i boschi sacri che protessero la nascita, l’illuminazione e il trapasso di Buddha.
I boschi sacri, chiamati “nemeton” sono esistiti presso molti popoli ed in
tutti i continenti. Purtroppo a causa dello sfruttamento dei legni, per ragioni belliche e religiose molti di questi “nemeton” sono andati distrutti.
La prima e la seconda guerra mondiale hanno causato un disboscamento
sistematico, ma molto prima ancora con l’avvento del cristianesimo i missionari cristiani per rendere impossibile il culto pagano degli alberi li hanno fatti distruggere e di questo esistono purtroppo numerose testimonianze ben documentate.
Naturalmente il cristianesimo ci mise secoli per convertire i pagani e mano mano dei monaci si stabilirono nelle foreste sacre e vi fondarono monasteri. Sul monte Cassino, Benedetto da Norcia, in mezzo alla folta foresta dove sorgeva un tempio dedicato ad Apollo costruì la chiesa del Dio unico; il monastero di Castel Sant’Elia qui in provincia era un tempio di Venere e vale la pena di andare a farci una visita.
Ogni albero ha la sua storia ed impersonava spesso delle ninfe come per
esempio il tiglio, il pino nero, il pioppo bianco, il noce e il mandorlo.
L’albero più significativo delle tre religioni monoteistiche, cioè quella
degli ebrei, dei cristiani e dei musulmani, è senz’altro l’ulivo che con il suo
olio “crea la luce”, che è “l’asse immobile della terra”, che rappresenta
Abramo l’antenato comune degli ebrei, dei cristiani e dei musulmani. Il
ramoscello d’ulivo portato dalla colomba a Noé é anche qui il segnale di nuova luce e la ripresa della vita sulla terra.
Il fico invece è servito con le sue foglie a coprire le vergogne di Adamo ed
Eva, ma è anche l’albero dedicato a Dioniso ed a Priapo, il dio fallico per
eccellenza ed i falli portati in processione venivano appunto scolpiti con il
legno di questo albero. Il fico, frutto succulento e ricolmo di semi quando è
maturo simbolizza sia il maschio che la femmina, un significato ancora oggi molto vivo e talvolta anche volgare.
Atlante, colui che sostiene la terra, era il guardiano del giardino della dea
Era, moglie di Zeus, dove cresceva un melo dai frutti d’oro, che lei aveva
avuto in dono dalla madre terra. Un giorno Era si era accorta che le rubavano le mele e perciò ordinò al drago Ladon di attorcigliarsi intorno al tronco dell’albero in modo che nessuno potesse avvicinarsi. Il serpente con l’albero ci ricorda chiaramente l’Eden di Adamo ed Eva e anche l’albero cosmico nordico con il suo gigantesco serpente Nioggrh.
Con l’affermazione del Cristianesimo veniva adorato soltanto un pezzo di legno morto, cioè la croce e l’adorazione degli alberi vivi e sacri veniva vietata. In conseguenza da ciò nacque un monoteismo dogmatico ed intollerante. L’anima e il corpo vengono separati in un dualismo spesso atroce e causa di grandi sofferenze e frustrazioni.
Claude Lévi-Strauss ha scritto: “Da aperta che era un tempo, l’umanità si è sempre più rinchiusa in sé stessa. Tale antropocentrismo non riesce più a vedere, al di fuori dell’uomo, altro che oggetti. La natura nel suo complesso ne risulta sminuita. Un tempo, in lei tutto era un segno, la natura stessa aveva un significato che ognuno nel suo intimo percepiva. Avendolo perso, l’uomo di oggi la distrugge e con ciò si condanna.”
Spero che d’ora in poi possiate guardare agli alberi ed alla Natura tutta con
occhi e sentimento diversi.
Peter Boom – Ecologista