Religioni patriarcali astratte e Saggezza matristica concreta…
Insistere troppo su valori astratti “teisti” non aiuta la mente umana al superamento del pensiero patriarcale. Dobbiamo -secondo me- abbandonare la speculazione religiosa e ritornare ad una spiritualità priva di dogmi e non specificatamente legata al genere (il sacerdozio nelle religioni monoteiste di origine semita è precluso alle donne).
Per carità, va anche bene fare un’analisi storica
sulla formazione del cristianesimo e di come questa religione “semita” abbia attinto al paganesimo pre-esistente. Tra l’altro la rivalutazione del paganesimo è una delle caratteristiche portanti non solo nel filone New Age ma anche in ricerche storiche serie, come ad esempio quella di Daniel Danielou sul mito di Dioniso-Shiva.
Ma dovremmo andare anche più in là riscoprendo i culti più antichi e vicini alle nostre radici, ovvero l’adorazione della Grande Madre o Energia Primordiale (Shakti).
Spesso, qui al Circolo vegetariano VV.TT., durante le feste da noi organizzate, soprattutto quelle in concomitanza con i solstizi e gli equinozi o per la luna piena e nuova, mettiamo in evidenza gli aspetti sincretici fra cristianesimo e “neo-paganesimo”, facendoli coincidere con il nostro spirito laico e simpatetico con la Spiritualità della Natura.
Ad esempio, è avvenuto che durante alcune cerimonie, già da noi predisposte, si aggiungessero riti diversi con offerte alle divinità e fate dei boschi o dei corsi d’acqua, il tutto magari collegandolo a credenze o leggende cristiane… (tanto per fare un esempio ricordo la Vigilia di San Giovanni, con il battesino dell’acqua e del fuoco, etc.). Io lascio fare perché in fondo il riconoscere il Genius Loci e la sacralità della natura in tutte le sue forme è uno degli aspetti della spiritualità laica e dell’ecologia profonda, che ci contraddistingue.
In effetti la spiritualità della natura è un aspetto riconosciuto anche nella fede cristiana antica, soprattutto nel misticismo (sia in quello primitivo che in quello francescano) in cui prevale la consuetudine di ritirarsi in grotte, boschi e deserti in stretta comunione con gli elementi naturali e con il mondo animale.
Aspetti pagani erano presenti persino nella religione ebraica, sia pur condannati, come ad esempio l’adorazione della vacca sacra durante la traversata del Sinai, oppure riconosciuti e facenti parte della tradizione come avvenne presso la setta degli Esseni che vivevano in strettissima simbiosi con la natura e con i suoi aspetti magici, avendo essi sviluppato anche la capacità di trarre il loro nutrimento dal deserto, un grande miracolo questo considerando che erano persino vegetariani….
Il rispetto e l’adorazione della natura, definito dalla chiesa cattolica (un po’ dispregiativamente) “panteismo” è uno degli stimoli da sempre presenti nell’uomo, tra l’altro questo sentimento panteista è alla base dell’exursus evolutivo della specie.
Ciò mi fa ricordare una storiella, che amo spesso raccontare, sull’origine della specie umana. Ormai è certo che ci fu una “prima donna”, un’Eva primordiale. L’analisi del patrimonio genetico femminile mitocondriale lo dimostra inequivocabilmente. Mi sono così immaginato una donna, la prima donna, che avendo raggiunto l’auto-consapevolezza (la caratteristica più evidente dell’intelligenza) ed avendo a disposizione solo “scimmioni” (tali erano i maschi a quel tempo) dovette compiere una opera di selezione certosina per decidere con chi accoppiarsi in modo da poter avere le migliori chance di trasmissione genetica di quell’aspetto evolutivo. E così avvenne conseguentemente nelle generazioni successive ed è in questo modo che pian piano dalla cernita nell’accoppiamento sono divenute rilevanti qualità come: la sensibilità verso l’habitat, l’empatia, la pazienza, la capacità di adattamento e di gentilezza del maschio verso la prole e la comunità, etc. etc.
Pregi che hanno portato la specie verso una condizione “intelligente” che riconosciamo (o riconosceremmo se nel frattempo non fosse subentrata una spinta maschilista involutiva).
Purtroppo in questo momento storico, in seguito all’astrazione dal contesto vitale e alla manifestazione della religiosità in senso metafisico (proiettata ad un aldilà ed ad uno spirito separato dalla materia), molto di quel rispetto (e considerazione) verso la natura e l’ambiente e la comunità è andato scemando, sino al punto che si predilige la virtualizzazione invece della sacralità vissuta nel quotidiano. Ed in questo buona parte della responsabilità è da addebitarsi al radicamento dei credo monoteisti (Ebraismo, Cristianesimo ed Islam).
Ma quello che era stato scacciato dalla porta spesso rientra dalla finestra, infatti la psicologia sta riscoprendo i miti, le leggende e le divinità della natura descrivendole in forma di “archetipi”.
All’inizio della civilizzazione umana, nel periodo paleolitico e neolitico matristico, la sacralità era incarnata massimamente in chiave femminea, poi con il riconoscimento della funzione maschile nella procreazione tale sacralità assunse forme miste maschili e femminili, successivamente con i monoteismi patriarcali fu il maschile che divenne preponderante.
Ora è tempo di riportare queste energie al loro giusto posto e su un totale piano paritario. Anche se già in una antica civiltà, quella Vedica, questa parità era stata indicata, come nel caso della denominazione (maschile) “Surya” che sta ad indicare l’identità del sole in quanto ente divino, che viene completato dall’aspetto femminile “Savitri” che è la capacità irradiativa dell’energia solare.
E noi sappiamo che fra il fuoco e la sua capacità di ardere non vi è alcuna differenza….
Paolo D’Arpini – Circolo Vegetariano VV.TT.