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Paolo D’Arpini: “Liberalizzazione della coltivazione della canapa bioregionale”

 

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“La via d’uscita dalla situazione ridicola in cui l’Italia si è cacciata per accontentare gli USA risiede nella totale liberalizzazione della coltivazione della canapa bioregionale, allo stato naturale, e non nel proibizionismo, che avvantaggia le mafie e la corruzione”. Così Paolo D’Arpini della Rete Bioregionale Italiana.


“Non sono d’accordo sulla legalizzazione della canapa per un semplice motivo ecologista – spiega D’Arpini – la canapa è una pianta naturale utilizzata dall’uomo da millenni e proibita in Italia alla fine della seconda guerra mondiale per assecondare i desiderata dei vincitori USA. Dopo qualche anno dalla proibizione della coltivazione per usi tessili, alimentari, medicinali, ecc., comparvero sul mercato le qualità di canapa importate dalla mafia (dal Nord Africa e dal Medio Oriente) per uso da sballo e conseguentemente divenne un affare lucroso della malavita.
 
Quella stessa pianta che per intere generazioni contribuì al benessere della popolazione, con il sopraggiungere della proibizione e dello smercio abusivo di piante allogene ricche di cannabinolo diventò “droga”. E su questa droga ci hanno campato sino ad oggi torme di malavitosi, mafiosi, camorristi, santi coronati uniti, politici corrotti, ecc. 
 
Ora, dopo che alcuni deputati hanno fatto circolare la notizia di aver sottoscritto una proposta di legge per la legalizzazione della canapa, ecco che – causa ed effetto- non passa giorno che sui giornali mainstream non compaiano articoli sui giovani morti nelle balere per l’assunzione di sostanze proibite, evidenziando allo stesso tempo le continue azioni repressive di polizia contro i coltivatori casalinghi di canapa e relativi sequestri di grammi ed etti di pericolosa cannabis. 
 
La malavita che campa sontuosamente sullo smercio delle droghe risponde così, incutendo paura e smerciando pasticche avvelenate, per convincere l’opinione pubblica a non sostenere l’eventuale legalizzazione della canapa (che li priverebbe di una ricca fonte di guadagno). Non importa se i giovani muoiono per l’assunzione di veleni predisposti o per un mix di sostanze chimiche: estasi, eroina, cocaina, alcol, etc..  Anche perché assumendo canapa è impossibile morire- o forse solo per indigestione mangiandone 10 o più chili. Nell’immaginario popolare quando si parla di “droga” non si fa distinzione fra la canapa o i veleni sintetici, per la demonizzazione nei confronti di questa innocente pianta durante gli ultimi 60 anni.
 
Perciò la via d’uscita da questa situazione ridicola in cui l’Italia si è cacciata risiede soltanto nella totale liberalizzazione della coltivazione della canapa bioregionale, allo stato naturale, e non nel proibizionismo, che avvantaggia le mafie e la corruzione – e nemmeno nella legalizzazione – al solo scopo di consentire proventi illeciti allo stato (come avviene per l’alcol e le sigarette, questi sì veleni mortali). Non sono consumatore in alcun modo di sostanze, né di vino, superalcolici o tabacco, ma la battaglia che sostengo è al solo scopo di salvaguardare la natura e la vita sul pianeta”.
 
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