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Parlare di “ecologia di superficie” e di “ecologia profonda” non è la stessa cosa. Le due espressioni indicano immediatamente due modi assai diversi di leggere la natura, di rapportarsi con essa. Due modi opposti di pensare e di vivere.
Guido Dalla Casa, ingegnere elettronico, docente presso la Scuola Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa di Rimini, precisa con chiarezza espositiva le due prospettive, ne traccia i differenti assiomi, le rispettive divergenze.
“L’ecologia profonda” (Mimesis Editore) è un saggio che senza pregiudizi, libero da condizionamenti, intende proporre una serie di “lineamenti per una nuova visione del mondo”, come recita il sottotitolo e riannoda i temi di un dibattito reso sempre più attuale dagli evidenti limiti connessi al concetto stesso di sviluppo. Prima che tutto collassi.
Prima che gli ecosistemi conoscano il fatidico punto del non ritorno.
Non è voluto allarmismo quello di Guido Dalla Casa. Le sue righe non sono animate dalla categoria del catastrofismo pregiudiziale e fine a se stesso. L’analisi è fredda, argomentata soprattutto, sostenuta dalla necessità di ridefinire il concetto stesso di “progresso”, ancora inteso come sinonimo di un “incremento indefinito di beni materiali e diminuzione del lavoro fisico”, inevitabilmente legato alla manipolazione del mondo.
L’ecologia profonda parla di ecosistema, di “totalità terrestre”, piuttosto che di ambiente. Vuol convincerci che “la Terra non è la nostra casa, ma è l’Organismo di cui facciamo parte”, che “la nostra vita dipende dalla capacità della Terra di autocorreggersi mantenendosi in condizioni stazionarie”.
“L’Occidente è una nave che sta colando a picco”.
E’ una proposta lucida per andar oltre l’ecologia “di superficie” tutta basata su una concezione antropocentrica della natura costretta ad adeguarsi a regole giustificate da motivazioni culturali proprie del pensiero occidentale – Cartesio e Bacone ne sono l’emblema – secondo le quali “sapere è potere”, la natura va dominata e obbligata ad obbedire alla volontà dell’uomo, a soddisfarne i desideri.
E’ una proposta lucida per andar oltre l’ecologia “di superficie” tutta basata su una concezione antropocentrica della natura costretta ad adeguarsi a regole giustificate da motivazioni culturali proprie del pensiero occidentale – Cartesio e Bacone ne sono l’emblema – secondo le quali “sapere è potere”, la natura va dominata e obbligata ad obbedire alla volontà dell’uomo, a soddisfarne i desideri.
Un appello appassionato, quello di Guido Dalla Casa, non soltanto per smitizzare l’assurda pretesa dell’uomo baconiano di un “regno dell’uomo” attraverso lo sfruttamento delle forze della natura, ma anche per smentire la possibilità di uno sviluppo illimitato e cominciare a credere, piuttosto, in uno sostenibile.
E’ tempo ormai di comprendere pienamente e adottare la riflessione di Emanuele Severino secondo la quale “l’Occidente è una nave che sta colando a picco, la cui falla è ignorata da tutti. Ma tutti si danno molto da fare per rendere il viaggio più confortevole”. Riparare la falla e puntare su altre rotte non è più rimandabile…
L’ecologia “profonda” non è antropocentrica, ma ecocentrica, non considera la natura a servizio dell’uomo, non contrappone due sistemi: uno destinato al dominio, l’altro ad adattarsi nell’immotivata e assurda convinzione di essere disposto soltanto ad ubbidire. Qualche volta si ribella…
Agli stereotipi propri della cultura occidentale l’ecologia “profonda”, con il coraggio di chi va oltre contro corrente, oppone i capisaldi culturali di popoli ancora incontaminati, assolutamente convinti della sacralità dell’ordine che ci circonda e del quale anche l’uomo è parte integrante. Persuasi che tutto è vita. Che tutto ha un’anima. Che, come recita un proverbio asiatico, “Dio dorme nella pietra, sogna nel fiore, si desta nell’animale, sa di essere nell’uomo”.
Nelle prime battute del suo lavoro Guido Dalla Casa riporta una breve riflessione di David Brower che dà il senso dell’errato comportamento umano e della presunzione di dettar legge al nostro pianeta.
“Condensiamo la storia della Terra di quattro miliardi di anni in sei giorni. Il nostro pianeta è nato lunedì alle ore zero. La vita comincia a mezzanotte di mercoledì e si evolve in tutta la sua bellezza nei tre giorni seguenti. Sabato alle ore 16 compaiono i grandi rettili che si estinguono cinque ore più tardi, alle nove della sera. L’uomo appare soltanto sabato sera a mezzanotte meno tre minuti. La nascita di Cristo avviene un quarto di secondo prima di mezzanotte. Manca un quarantesimo di secondo quando inizia la rivoluzione industriale. Ora è sabato sera, mezzanotte, e siamo circondati da persone convinte che ciò che fanno da un quarantesimo di secondo possa durare per sempre”. Davvero una ridicola presunzione.