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Clima e storia bioregionale, prima e dopo la “civiltà” industriale…

 

Il Clima ha sempre condizionato la vita sul nostro pianeta incidendo profondamente sull’evoluzione di tutti gli esseri viventi, uomo compreso.

Se oggi stiamo qui a leggere questo articolo, lo dobbiamo ad un grande evento tettonico e climatico che ha dato l’avvio all’evoluzione dell’umanità. Circa 8 milioni di anni fa nell’Africa orientale a causa di profondi movimenti della crosta terrestre cominciò a formarsi una grande spaccatura di oltre 6.000 chilometri che dalla Siria oggi arriva in Mozambico, conosciuta come Rift Valley. Le foreste pluviali che in particolare interessavano il Corno D’Africa a causa di questa profonda spaccatura tettonica, della comparsa di vulcani attivi e conseguente modificazione delle correnti umide dell’oceano Indiano, non poterono più beneficiare delle abbondanti piogge; così lentamente, in migliaia di anni, le rigogliose foreste lasciarono il posto alla savana. Gli Austrolopiteci ( i primati che vivevano esclusivamente sugli alberi ) furono costretti a scendere a terra e a confrontarsi con tutti gli animali feroci presenti nella nuova savana. A quel punto questo piccolo essere (alto non più di un metro e dieci ) sarebbe potuto scomparire definitivamente dalla faccia della Terra predato dai grandi animali, oppure evolversi attraverso una serie di strategie di sopravvivenza. L’Austrolopiteco riuscì a superare la prova e piano piano, attraverso i vari stadi di evoluzione, è arrivato fino a noi.

In qualche milione di anni questo piccolo primate, trasformatosi in ominide e poi in homo sapiens, ha cominciato a formare semplici aggregazioni di individui e poi tribù più omogenee e successivamente, dopo la scoperta dell’agricoltura, ha cominciato a costruire i primi insediamenti stabili, precursori delle grandi città della storia. Sorgevano così le prime civiltà umane, quasi tutte in aree del pianeta dove fossero presenti condizioni di vita accettabili. Tutte le grandi civiltà dell’Uomo infatti sono nate e si sono sviluppate lungo i corsi d’acqua, le famose civiltà dei fiumi di cui ricordiamo: La valle dell’Indo, Il fiume Giallo, il Tigri e l’Eufrate, il Nilo e il Tevere da cui sono sorte le più grandi civiltà oggi conosciute.

Il clima della Terra ha continuato ad avere il suo ruolo determinante nella evoluzione e nella storia dell’umanità. Notizie storiche attendibili di grandi crisi climatiche che hanno determinato scomparsa di popoli, esodi di massa e guerre, ci riportano a circa 5.000 anni fa, tuttavia ce ne sono state molte altre prima, ma qui ci limiteremo ad analizzare quelle più importanti.

Nel 2400 a.C., a causa di una grande crisi ecologica (siccità durata molti anni), intere popolazioni residenti nell’attuale Pakistan e India nord occidentale migrarono verso la Mesopotamia e verso l’Europa Centrale. Molti studiosi attribuiscono la presenza degli Achei, dei Celti e degli Etruschi e di altri popoli nelle terre che conosciamo a causa di questo grande esodo di popoli.

L’esplosione dell’isola vulcanica greca di Thera, attuale Santorino, avvenuta intorno al 1600 a.C., provocò su tutto il Mediterraneo un grande sconvolgimento climatico che si protrasse per oltre un decennio, ciò causò siccità e in altri casi alluvioni disastrose, obbligando popoli interi a fuggire dalle loro terre. Questa gente può essere identificata con il famoso popolo del mare di cui ne parlano storici greci e latini che tra il XIII° e XII° secolo a.C. causò il crollo del grande impero Hittita. Questo popolo disperato quanto feroce fu alla fine fermato e sconfitto dall’esercito egiziano guidato da Ramsette III.

Nel 9 d.C. tre legioni romane di Varo furono annientate dai barbari germani di Arminio perché intrappolate in una fitta foresta mentre una violenta tempesta disorientava i soldati romani.

Nel 1281 un tifone regalò ai giapponesi 700 anni di indipendenza. Alla metà dell’agosto del 1281 il famoso “Kamikaze”, ossia vento divino, bloccò l’invasione del cinese Kublay Khan a poche miglia dalle coste giapponesi. Un violento tifone affondò tutta la flotta di Kubilay Khan: 3900 navi, la flotta più grande del Mondo fino ad allora, finì in fondo al mare.

Lo stesso crollo dell’impero romano e le invasioni barbariche, iniziate nel nord est dell’Europa, per molti studiosi furono innescati tra il 250 e il 300 d. C. da una serie di avversità climatiche che distrusse le coltivazioni di molte tribù barbare che alla fine furono costrette a cercare cibo e una vita migliore oltre i confini dell’impero romano.

E veniamo a tempi più vicini a noi: Un clima inusuale, umido e caldo, sviluppò un fungo micidiale che devastò le coltivazioni di patata in Irlanda. Tra il 1845 e il 1849 questo paese conobbe la più terribile carestia della sua storia, con migliaia di morti per denutrizione e con emigrazioni di massa verso le Americhe.

Cosa dire poi delle vicissitudini degli eserciti napoleonici e italo-tedeschi alle prese con l’inverno russo?

Siamo arrivati ai giorni nostri e i capricci del clima che possono seriamente danneggiare le produzioni agricole oggi possono essere superate, si possono prevedere e nel contempo trovare rimedi, ma questo vale soprattutto per i paesi del nord del Mondo, situazioni come nell’Irlanda del 1845 pertanto non sono più immaginabili, diversa è invece questa questione per i Paesi in via di sviluppo.

L’aumento della popolazione del pianeta purtroppo gioca un ruolo destabilizzante, soprattutto per i Paesi del Sud del mondo. Qui le popolazioni tendono a crescere in maniera esponenziale e molte nazioni con guerre civili, governi corrotti, incapacità imprenditoriali e situazioni climatiche avverse ( siccità, alluvioni, incendi di foreste e avanzata dei deserti ) non riescono più a soddisfare le richieste alimentari dei loro abitanti. Può accadere pertanto quello che avveniva migliaia di anni fa con esodi “biblici” di gente disperata verso nazioni più ricche. Una situazione preoccupante che oggi abbiamo cominciato a comprendere e a subire con il continuo flusso di migranti sulle nostre coste. Sono persone queste che fuggono da Paesi in guerra o in sfacelo economico, ma questo è ancora niente perché non sono ancora iniziati i grandi esodi di massa a causa del clima avverso. Recentemente l’ONU ha previsto che a causa del peggioramento delle condizioni climatiche sull’Africa orientale e su parte del Medioriente entro il 2050 potrebbero essere 250.000 i disperati del clima in fuga verso l’Europa. Quando ciò avverrà per noi europei sarà una catastrofe epocale che travolgerà soprattutto Paesi di frontiera come l’Italia. Salteranno inevitabilmente le economie occidentali già in crisi, finirà la sicurezza dei cittadini europei, saranno stravolti tutti gli equilibri geopolitici che oggi conosciamo ed altro. Inevitabile sarà il dilagare del fanatismo religioso islamico, con tutti i problemi che già conosciamo. Ma l’aspetto che più preoccupa l’OMS potrebbe essere quello del ritorno di malattie dimenticate come la malaria, il vaiolo, la peste ed altre pandemie che le cronache del passato ci hanno sempre fornito con dovizie di particolari.

Questi sono i rischi alla salute per un mescolamento di popoli e di usanze igieniche e alimentari differenti. Tornando a parlare delle anomalie climatiche dovute al riscaldamento globale del pianeta, dobbiamo segnalare che la tropicalizzazione del Mediterraneo non è più un fenomeno aldilà da venire: è ormai uno stato di fatto e con esso un infinità di nuovi problemi connessi. Oltre a questo dobbiamo constatare che molte malattie sconosciute e dimenticate sono arrivate da noi grazie all’aumento della temperatura su tutto il bacino del Mediterraneo. Le prime vittime sono stati gli animali. Tutti ricorderanno la strage di ovini sardi e toscani colpiti circa 20 anni fa dal morbo della lingua blu, una malattia endemica africana che i nostri animali, non avendo le difese immunitarie dei cugini africani, ne sono diventati facile vittime. La lingua Blu, Blu Tongue per i tecnici, è una malattia virale veicolata da ditteri come zanzare e flebotomi (pappataci) che in passato per motivi di clima non congeniale non si spingevano oltre la Tunisia. Sono poi i flebotomi che dal sud dell’Italia, grazie al riscaldamento globale, sono giunti fin sotto le Alpi trasmettendo soprattutto ai cani malattie letali come la lesmaniosi.

Un fastidio, legato sempre al riscaldamento globale che tutti noi stiamo subendo da qualche anno è dato dalla zanzara tigre. Questo è un insetto di origine asiatico giunto da noi sulle navi che trasportavano pneumatici dalla Corea e dal Vietnam. Più piccola delle zanzare nostrane, ma molto più aggressiva punge anche di giorno. E’ nera con striature bianche su zampe e addome. Si riproduce nell’acqua stagnante che si forma nei sottovasi, in piccoli invasi e nei chiusini. Rispetto alle punture delle nostre antiche zanzare, queste danno bruciore e prurito che può durare anche diversi giorni. Al momento le zanzare tigre non trasmettono, per fortuna, le malattie endemiche dell’Asia, ma con l’aumento della temperatura e della tropicalizzazione del Mediterraneo la stessa OMS teme per il futuro situazioni a forte rischio salute anche da noi.

Questi sono i pericoli sanitari dovuti ai cambiamenti climatici, ma in parte anche al fenomeno della globalizzazione. Malattie dovute all’inquinamento dell’aria già esistono da tempo nei Paesi occidentali, Italia compresa, quasi tutte sono patologie del progresso tecnologico, tra queste: le allergie, le affezioni broncopolmonari, i tumori in particolare quelli dei polmoni, senza parlare poi delle malattie della psiche, tra le quali primeggia ed è in forte ascesa la depressione.

Dermatiti e patologie più gravi della pelle, come i melanomi, sono invece dovuti in gran parte alla diminuzione dello strato di ozono nell’atmosfera che non ci protegge più come una volta dai raggi ultravioletti, in particolare quelli UVB, provenienti dal Sole.

Questo è il quadro attuale, ma il futuro come sarà? Certamente la situazione si sta evolvendo al peggio. Stando alle ultime proiezioni presentate dagli scienziati si prevede una estremizzazione dei fenomeni meteorologici, con conseguente degrado dell’ambiente e, quindi: lunghe siccità, incendi di foreste sempre più estesi, alluvioni catastrofiche, frane e smottamenti, il tutto a danno dell’incolumità delle persone e poi a danno delle economie nazionali. Gli interventi economici urgenti contro i danni dovuti alle tempeste e alluvioni in questi ultimi anni sono aumentati quasi in proporzione geometrica. Si è passati da un evento catastrofico ogni tre o quattro anni causato da fenomeni meteorologici, vedi l’alluvione di Firenze del 1966, a quattro o cinque eventi ogni anno. Tutto questo ha dei costi, non solo in vite umane, ma in soldi. Buona parte delle risorse di un Paese come l’Italia, dall’economia già fragile, finiscono per pagare i danni a cose, animali e persone causati da questi eventi calamitosi. Vengono così sottratte ogni anno risorse destinate al sociale e alla qualità della vita. E’ questa ormai una situazione cronicizzatasi sul nostro pianeta. Viene spontanea una domanda: “ma i nostri economisti e politici che ci governano, hanno valutato seriamente questa situazione e sono in grado di intervenire nel caso gli eventi precipitassero?”

Filippo Mariani – Accademia Kronos

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