Bioegionalismo in sintesi, in poche sentenze sparpagliate…
Bioregionalismo, ecologia profonda e spiritualità laica sono la trinità della nuova filosofia o religione della natura.
L’ecologia profonda analizza l’organismo, le componenti vitali e geomorfologiche, le loro correlazioni e il loro funzionamento organico, mentre il bioregionalismo riconosce gli ambiti territoriali (bioregioni) in cui tali processi si manifestano in forma qualificata di «organi» territoriali e culturali.
Come terzo elemento componente c’è «l’osservatore», cioè l’intelligenza, coscienza che anima il processo conoscitivo, che si manifesta in forma di biospiritualità o anche «spiritualità laica», ovvero la capacità della vita di osservare se stessa e la messa in pratica del suo funzionamento. Diceva un grande saggio: «Noi non possiamo essere altro che una parte integrante della manifestazione totale e del totale funzionamento ed in nessuna maniera possiamo esserne separati» (Nisargadatta Maharaj).
Secondo me non vale la pena di risalire agli «inventori» dei termini qui usati, poiché sia il bioregionalismo che l’ecologia e la spiritualità, rappresentano qualcosa che è sempre esistita, in quanto espressione della vita, infatti nelle diverse epoche storiche questi processi hanno ricevuto nomi diversi: panteismo, genius loci, animismo, tao, naturalismo, etc. Ed in ogni caso questi tre modi descrittivi della vita sono indivisibili l’uno dall’altro, come è indivisibile l’esistenza stessa.
E ora alcune espressioni al vento:
«È buona norma, nell’approccio bioregionale, prima di tutto tentare di conoscere l’ambito in cui si vive, delimitandolo attraverso lo studio geomorfologico del territorio, della flora e della fauna. La bioregione è un’area omogenea definita dall’interconnessione dei sistemi naturali e dai viventi che le abitano. Una bioregione è un insieme di relazioni in cui gli umani sono chiamati a vivere e agire come parte della più ampia comunità naturale che ne definisce la vita».
«L’idea bioregionale consiste essenzialmente nel riprendere il proprio ruolo all’interno della più ampia comunità di viventi e nell’agire come parte e non a parte di essa, correggendo i comportamenti indotti dall’affermarsi di un sistema economico e politico globale, che si è posto al di fuori delle leggi della natura e sta devastando, a un tempo, la natura stessa e l’essere umano».
«La limitazione e separazione nella coscienza non è reale. Allo stesso modo in cui la luce del sole non risulta compromessa o menomata dallo specchio, parimenti la pura consapevolezza è intonsa e non divisa dall’operato immaginario della mente individuale. Dove sono interno ed esterno per la coscienza suprema che entrambi li compenetra e li supera? In realtà la sola idea di una tale separazione è impensabile nella sorgente di luce che unicamente è…».
«…la necessità di “ridurre e dare delle spiegazioni” sta proprio nel distacco che lo spirito intelligente ha nel momento del concepimento; una parte del tutto si contestualizza in un modulo storico. La singola parte ancestralmente sa di appartenere al tutto e quindi nelle condizioni ristrette dello spazio tempo tende in continuazione (ascesi) a ricongiungersi con lo spirito intelligente infinito di cui fa parte e cui inevitabilmente tende…».
«Che cosa sarebbe la vita senza memoria?… Mi sono posta questa domanda osservando alcune persone ammalate di Alzheimer. Questi esseri, che pure hanno vissuto un’intensa vita, di lavoro, di relazioni, di affetti, oggi per qualche strano meccanismo, sono “uscite” dalla realtà con cui non condividono più nulla…. Chi erano prima?…dove e come hanno vissuto? …appartenevano a una cultura, a un territorio, avevano un carattere, delle abitudini, celebravano dei riti, rispettavano delle tradizioni, parlavano una lingua o più d’una! Tutto questo è cancellato nella loro memoria…. Essi non ricordano più nulla, sono semplicemente dei corpi ancora in vita che vivono senza relazioni: respirano, mangiano, osservano ciò che gli sta intorno, ma non sono collegati a niente… le relazioni originano identità…».
«L’attuazione bioregionale in chiave politica. Il bioregionalismo ha due obiettivi: recuperare e tutelare al massimo l’ambiente naturale; ridisegnare nuovi confini delle regioni, tenendo finalmente conto delle loro caratteristiche etniche, ambientali, linguistiche, sociali e produttive. Il tutto in una visione della Stato che invece di amministrare se stesso, attraverso la sola tutela della burocrazia, (tra le più arretrate del mondo), si occupi finalmente e seriamente dei grandi problemi nazionali e della tutela dei cittadini».
«Diciamo che il “bioregionalismo” contraddistingue un modo di pensare che muove dall’esigenza profonda di riallacciare un rapporto sacrale con la terra. Questo rapporto si conquista partendo dalla volontà di capire – riabitandolo – il luogo in cui viviamo. Una bioregione infatti non è un recinto di cui si stabiliscono definitivamente i confini ma una sorta di campo magnetico (aura) distinguibile dai campi vicini solo per l’intensità delle caratteristiche che formano la sua identità, alla stessa stregua degli esseri umani, contemporaneamente diversi e simili l’uno all’altro…».
«Riconoscendo l’esistenza delle diverse realtà delle nostre quotidianità siamo in grado di coglierne la ricchezza e l’unicità, conservandone la memoria quale eredità culturale. Possiamo in tal modo cogliere l’anima del luogo dove abitiamo, ove mente e corpo si fondono in un atto profondo d’amore e di gratitudine verso questa terra che ci ha donato la vita, la quale racchiude le leggi cosmiche. Difenderla implica tutto questo, nella piena consapevolezza che esiste un’altra realtà molto insidiosa, quella della perdita delle identità, della distruzione delle culture con i loro paesaggi uniformi, prossimi ai deserti…».
«…non si può fare a meno della biodiversità, ovvero i sistemi naturali che sostengono la sopravvivenza di noi tutti. Osserviamo che ovunque avanza la desertificazione (non soltanto siccità bensì perdita dell’humus in seguito al dilavamento dei terreni di superficie), la deforestazione, l’utilizzo improprio dei terreni per produzione elettrica, l’impoverimento dei suoli dovuti a monoculture, la modifica dell’ambiente e, in generale, la dispersione del patrimonio biologico delle specie animali e vegetali, tutti aspetti che determinano una perdita economica considerevole anche nell’economia…».
«L’unico “sviluppo” che consente la vita della biosfera è un processo completamente non-materiale, qualcosa che significhi l’evolversi di cultura, arte, spiritualità».
«Il nostro è un lavoro di chi ama osservare l’inverno che finisce e la primavera che avanza, sentire tamburrellare il picchio, sentire l’improvviso fruscìo degli stormi di fringuelli sopra la testa come l’ala di un angelo. Quale calcolo economico possiamo fare di questo lavoro, che faccia rientrare anche la sensazione di essere lambiti da un’ala di angelo? Ho cercato di dare un esempio piccolo e concreto di un modo di lavorare che abbia cura della terra e degli altri esseri perché vorrei fare una domanda. È concepibile un’amministrazione politica – di qualunque livello organizzativo – che legifera attorno a questa modo di lavorare slow?».
«Il mondo è un grande laboratorio bioregionale. Forse non abbiamo bisogno di ricorrere alla Storia che con le interpretazioni di chi riporta, narra, commenta, fatti e comportamenti umani, non ci fa vivere o rivivere esperienze aderenti alla realtà dei tempi. Forse ci dobbiamo rivolgere a quel grande laboratorio che è il mondo oggi. Di fatto, in questo momento possiamo entrare nella storia, possiamo guardare a tutte quelle popolazioni presenti oggi nel mondo, che sono rappresentative di realtà che vanno da uno stato che non si discosta molto da quello primordiale a quello che rappresenta lo stato più avanzato della tecnologia. Questo gioco della natura ci consente un’osservazione diretta di sistemi di aggregazione sociale, culturale ed economica, di interpretarli e di cercare di capire che fare per superare le vecchie e le nuove miserie e di essere attori entusiasti nel progetto di costruzione di un mondo equo, solidale, felice, e quindi con un futuro».
«…per me ecologia profonda vuol dire: amore per la vita, per la natura, per gli esseri viventi, solidarietà umana, ognuno secondo la propria natura e le proprie possibilità: una tendenza a… nei limiti del possibile. I cambiamenti non avvengono in un giorno, ma ognuno di noi può fare la sua parte».
«…continuo a dedicarmi, in teoria e in pratica, a questa ricerca, occupandomi magari di agricoltura biologica, alimentazione bioregionale, cure naturali, spiritualità e arte della natura. Io personalmente sono giunto, per mezzo di esperienze vissute e di considerazioni e riflessioni sugli eventi, a condividere pienamente il pensiero ecologista profondo, il bioregionalismo e la spiritualità laica».
Paolo D’Arpini – bioregionalismo.treia@gmail.com
Paolo D'Arpini
0