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Se il latte proviene da allevamenti bioregionali all’aperto con pascoli dovrebbe essere certificato come biologico, al fine di evitare carichi eccessivi di animali per ettaro di foraggi o di pascoli. Vi sono dei limiti precisi: 2 unità bovine per ettaro, corrispondenti a 3 bufale, 7 ovini, 3 maiali. Ciò è possibile anche con “patti comprensoriali” laddove l’allevatore si rivolge al vicino fornitore di foraggi biologici, in caso di insufficienza aziendale. Altrimenti è inevitabile il ricorso ad alimenti e mangimi trattati con prodotti chimici e molto spesso contenenti OGM, che unitamente allo stress degli animali, peggiorano notevolmente la qualità del latte e derivati.
La pianura padana ha una concentrazione altissima di animali allevati, con produzione di lquami inquinanti che hanno compromesso la fertilità dei suoli ed emettono quantità elevatissime di GAS serra, metano, ossidi di azoto, ammoniaca, CO2, vapore acqueo… Dobbiamo riconvertire gli allevamenti al sistema biologico utilizzando correttamente i fondi disponibili sul Benessere Animale e i Pagamenti agroambientali dei PSR Regionali, le finanziarie agricole ricchissime, sperperate da decenni per regalare soldi all’agricoltura e all’allevanto industriale… In modo illegittimo rispetto ai dettami dei regolamenti europei da ben 25 anni, ndr (vedasi servizio Report Rai 3 “Ipocrisia di Stato”), con conseguenze drammatiche per tutto il pianeta terra, sotto gli occhi di tutti…
Ciò accade ovunque, purtroppo, per cui i “consumattori” ecologici devono rifiutare tutti gli altri alimenti non biologici che stanno distruggendo foreste e tradizioni agoecologiche popolari in tutto il mondo. Abbiamo distrutto l’humus dei terreni che non trattengono più acqua, con dissesto idrogeologico e alluvioni che fanno più danni dei fondi europei necessari per la riconversione biologica e l’incremento dell’humus attraverso il fertile Letame e le tecniche agroecologiche (fissazione del carbonio e altri gas serra). Per non parlare dei danni alla salute con una spesa sanitaria in Italia di almeno 100 miliardi di € per patologie cronico degenerative sempre più diffuse.
Anche il latte italiano come quello estero, se non biologico, può essere di pessima qualità, e bisogna tener conto anche delle zone di allevamento, laddove vi sono rischi di inquinamento di fondo atmosferico, radioattivo, delle acque per l’alimentazione e irrigazione, ecc.
L’Italia ha una tradizione casearia eccellente che va tutelata con ingredienti assolutamente biologici, considerando che agli allevatori-agricoltori vengono compensati tutti i mancati ricavi per i cali di produzione (in quanto non forzata) e i maggiori costi, più un 30% per le azioni collettive territoriali, con rimborsi delle spese di certificazione biologica. I finti marchi IGP o DOP (quest’ultimo tutela l’origine ma non la qualità biologica, per cui diventa poco significante) creati dopo la legge del 1992 sulle produzioni Biologica, hanno solo confuso i consumatori poco attenti.
Dobbiamo agire subito… è troppo tardi… troppo tardi per non fare nulla. Mentre il Pianeta sta morendo…
Possiamo mettere all’asta internazionale le nostre Bio-eccellenze bioregionali, continuendo a produrre il latte che serve, ma biologico e strettamente controllato… trainando la riconversione biologica di tutta l’Europa, attraverso la tardizione agro-ecologica e gastronomica Italiana.
Con allevatori e agricoltori più ricchi “per Legge”, grazie ai pagamenti europei previsti per i servizi agroambientali forniti alla collettività, sulla base del principio di Precauzione che tutela la salute ambientale e la fertilità dei suoli (ed Umana), obbligando gli Stati e le Regioni alla rimozione degli ostacoli economici per la realizzazione sociale dell’attività agricola (Art, 32, 9, 44, 41, e 3 comma 2 , Costituzione)
Con i fondi europei disponibili possiamo riconvertire tutta l’agricoltura italiana all’Agroecologia Biologica Bioregionale.
Prof. Giuseppe Altieri, Agroecologo