10 agosto, non son lacrime… ma semi di vita!
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Tutti noi quando eravamo bambini, e forse anche da adulti, aspettavamo la notte del 10 Agosto per esprimere quei desideri che non potevamo apertamente manifestare, affidandoli alle scie luminose. Le famose stelle cadenti della notte di San Lorenzo.
Nella mitologia cristiana questa data è legata al martirio del santo, che dal III secolo si dice sepolto nell’omonima Basilica a Roma. La leggenda narra che le stelle cadenti siano le lacrime del martire versate durante il suo supplizio, che vagano in eterno nei cieli, e scendono sulla terra, soltanto nel giorno in cui Lorenzo morì, creando così un’atmosfera del tutto magica.
In questa notte infatti, si crede, si possano avverare i desideri di chi con il naso all’insù aspetta di vedere una stella cadente mentre si pronuncia una filastrocca che così recita: “Stella, mia bella stella, desidero che…”, e sognando come in una fiaba si attende che l’evento desiderato si avveri e verifichi durante l’anno. Ma la tradizione magica delle stelle cadenti è ben più antica.
I cristiani si inventarono la figura di San Lorenzo traendola dalla Divinità etrusca Acca Larentia, poi acquisita dai Romani, un tempo: Madre Terra, poi: Sacra Prostituta (che si prostra), protettrice di plebei e della fertilità dei campi, era assimilata a Fauno e Lupesco. Dalla Dea Larentia a San Lorenzo il passo è brevissimo.
Dal che se ne deduce che le celebrazioni del 10 agosto risalgono alle divinità fecondative che, oltre all’aspetto femminile di Acca Laurenzia, sono identificate nel maschile: Priapo (anche detto: Pan, Dioniso, Luperco, Inu, Fauno). Le Falloforìe, erano festeggiate il giorno dello Sciame meteorico annuale, come simbolo della pioggia del seme fecondatore che cade sulla terra.
Nel “De cupiditate divitiarum”, Plutarco così ci illustra la processione in onore del Gran Dio Priapo del 10 di agosto e giorni seguenti: “In testa è portata un’anfora di vino misto a miele, ed un ramo di vite. Segue un altro processionista con un cesto di fichi.
Infine, le Vergini portatrici del fallo gigantesco col quale erano irrorati i campi”. In Grecia, invece, le processioni col fallo terminavano con una pioggia di acqua mista a miele e succo d’uva indirizzata verso i campi, quale eiaculazione del seme primordiale, origine della Vita.
Paolo D’Arpini
Paolo D'Arpini
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