Proposta di riassetto amministrativo in chiave bioregionale…
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In tema di riassetto amministrativo in chiave bioregionale vorrei tornare sul discorso delle Regioni e delle Province. Non voglio ora recriminare per lo scippo democratico perpetrato dall’ex segretario PD, renzi, ovvero di aver cancellato il voto a suffragio popolare sostituendolo con il sistema di voto “indiretto”, ovvero quello riservato ai Sindaci e ai Consiglieri comunali dei Comuni della provincia, per l’elezione delle cariche amministrative provinciali. Al momento vorrei solo riaprire il discorso su quali istituzioni territoriali siano più congeniali e adatte all’attuazione dell’idea bioregionale. Già in passato chiarii come gli enti regionali abbiano assunto la funzione di mini-stati all’interno dello Stato (vedi: https://www.google.com/search?client=gmail&rls=aso&authuser=0&q=bioregionalismo+no+alle+regioni+si+alle+province+paolo+d%27arpini&spell=1&sa=X&ved=0ahUKEwjMlvur457eAhVllosKHS-PBaIQBQgpKAA&biw=1366&bih=657).
Le Regioni sono carrozzoni amministrativi che appesantiscono la spesa pubblica e non aiutano la politica territoriale ed i veri bisogni della popolazione. Un consigliere regionale dispone di stipendi e prebende e pensioni addirittura superiori a quelle di un parlamentare, non solo questo la gran parte delle spese per progetti regionali sono sovente in antitesi con le indicazioni dello Stato, vedasi ad esempio la mastodontica spesa per la sanità (in preponderanza assoluta sulle spese di bilancio) per ottenere risultati che non soddisfano il funzionamento sanitario anzi lo peggiorano, tant’è che la gestione sanitaria dovrebbe tornare nelle mani dello Stato, con regole uguali per tutti. E non è solo di sanità che occorre parlare.
In verità l’istituzione delle Regioni come enti autonomi ha portato ad uno scollamento sociale delle varie comunità, all’aumento della burocrazia, alla crescita delle tasse, alla corruzione amministrativa ed alla occupazione clientelare effettuata dai vari partiti. Il deficit in Italia potrebbe essere cancellato immediatamente con la sola eliminazione dei carrozzoni regionali. Ma qualcuno potrebbe obiettare che il territorio ha bisogno di istituzioni intermedie che fungano da cuscinetto tra lo Stato ed i Comuni e queste istituzioni possono essere le Province, oggi penalizzate e divenute simulacri amministrativi privi di reali compiti e di quasi nessuna importanza politica.
In verità sono proprio le Province, dal punto di vista bioregionale, che danno un senso ed una identità alle comunità. La Provincia rappresenta l’emanazione culturale di una città capoluogo nell’ambito territoriale e nei comuni in cui si estende. Le Province andrebbero riqualificate, cominciando dal ripristinare la rappresentanza democratica con il suffragio universale (con il voto di popolo e non con quello degli oligarchi già al potere), mentre dovranno essere aumentate ed elevate le competenze di governo del territorio.
La cosa mi sembra logica anche nel contesto dell’appartenenza alla Comunità Europea che pian piano potrebbe assurgere ad una vera e propria Federazione, con una propria moneta sovrana (non emessa da banche private) e soprattutto come legante per il senso di comune appartenenza delle genti della nostra Europa, culla e faro di civiltà.
Un’Europa in cui le differenze di tradizioni e di cultura potranno essere degnamente rappresentate e salvaguardate dalle Province che più strettamente rappresentano e garantiscono l’autonomia di pensiero delle comunità, esse sono il fulcro culturale bioregionale.
Mi auguro pertanto che tali idee di riordino amministrativo trovino sostenitori anche in ambito politico e sui mezzi d’informazione.
Paolo D’Arpini
Referente Rete Bioregionale Italiana – bioregionalismo.treia@gmail.com